mercoledì 25 giugno 2014

TE LA DO IO L'INDIA

Questo è un racconto (breve, non ti preoccupare) sull’india… 
sì perché quante volte m’avranno chiesto com’è l’india non lo so. 
Ma pensandoci ho realizzato che io, da straniera, 
non potrò ma comprenderla fino in fondo, quindi mi son detta 
“e perché non ti metti nei panni di chi, l’india, la conosce davvero”...
detto e fatto.



Mi piace stare seduta a prendermi gli ultimi raggi di sole. Sola.
È da un pezzo però che la mia tranquillità si è vista interrotta dalla storia di sempre: turisti da ogni angolo remoto del mondo che vengono a vedere la ceremonia del Ganga Aarti nella ghat più famoso della mia città: Varanasi.
Mi stanno proprio antipatici, questi vengono qua, ci stanno due giorni e son già pronti a giudicare la mia India.

Ce ne sono di vari tipi: quelli che “Ah l’India profuma d’incenso, cacca, fiori, curry, olio fritto e gelsomino”, quelli che “bleah, il cibo qua è troppo piccante che mi è venuto un attacco di Delhi belly che non t’immagini”, quelli che “Dio mio che caldo che fa, è pieno di mosche, i bambini non la smettono di chiedermi soldi, l’anno prossimo ritorno in Tailandia”.
Ah e poi ci son anche quelli lì, tipi strani davvero: arrivano vestiti con i loro jeans e t-shirt occidentali e all’improvviso decidono di cambiar look e indossano pantaloni di flanellina arancioni sgargianti col cavallo così basso che manco Alì Babà. Cmq. Con i loro pantaloni cool si mettono di fronte al Gange in posizioni che nemmeno un sadhu esperto potrebbe neanche immaginare e li vedi lì, chiaramente sofferenti, mentre guardano l’orizzonte. Non lo so cosa stiano pensando, so solo che sò strani.

Eh sì, son proprio stufa perché sti turisti non capiscono la cosa più importante: l’India non è l’inferno e nemmeno il paradiso. L’india è così unica e speciale che descriverla è impossibile. L’unica cosa certa è che il mio paese è un posto unico nel mondo e a me calza a pennello, come un vestito di Valentino (che poi sto Valentino dev’essere proprio caro perché una volta ho sporcato con un po’ di cacca una signora con un vestito rosso e mi ha preso a legnate gridando “ahh il mio Valentino, il mio Valentino!).

Cominciare la giornata alle luci dell’alba dandomi un bagno nel Gange con la mandria di turisti che mi scattano foto come se fossi una superstar, andare a far colazione che tanto sono fortunata e un bambino che mi regala un po’ di frutta o un gulab jamun, senza che la sua mamma lo veda, lo trovo sempre. E se mi annoio corro fino a la strada principale e l' attraverso, facendo impazzire gli autisti dei tuk tuk. Loro mi gridano, ma lo so che mi vogliono bene, a volte mi regalano anche dei fiori.

La maggior parte dei turisti mi guardano con tristezza, pensano che la mia vita non è bella, che sono molto povera. 
Solo perché vivo della generosità dei miei compatrioti.

C’è un altro gruppo di turisti, però che mi stanno proprio simpatici: sono quelli che gironzolano per le strade con il naso all’insù meravigliati dalle meraviglie del mio meraviglioso paese, sono curiosi, sorridono molto, mangiano cibi nuovi, parlano e ridono con la gente e quando mi passano vicino mi fanno l’occhiolino, qualcuno mi da addirittura una carezza. 
Loro hanno capito che io, qua, sono felice.

Forse anche loro, in un’altra vita, erano mucche sacre in India.



1 commento:

  1. Dai, che bello questo post! Mi sono davvero divertita a leggerlo :-)

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(*lo so che lo fai*)
P.S. si accettano anche i commenti belli e positivi.
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